Bene merentibus: Prof. Mirco Musolesi, vincitore dell’ACM UbiComp 2025 10-Year Impact Award
Leggi Intervista al Prof. Mirco Musolesi: Mobile sensing per inferire un potenziale stato depressivo
Pubblicato: 04 novembre 2025 | Innovazione e ricerca
Sentimento di gratitudine verso chi ha fornito un servizio o ha generato un beneficio in favore della collettività. Innovazioni per un mondo più inclusivo, aperto, accessibile. Un debito di riconoscenza può essere sussunto in termini di una massima più generale secondo la quale il merito deve essere ricompensato. E a volte questo avviene tramite premi e riconoscimenti.
L'autrice di questa intervista è Francesca Montuschi, del Settore della comunicazione e informazione del dipartimento.
Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la depressione è un problema di salute diffuso su scala globale. Si stima che colpisca il 3,8% della popolazione e che, entro il 2030, il disturbo depressivo maggiore diventerà la principale causa di disabilità. In tutto il mondo, meno della metà delle persone affette da questa condizione riesce a ricevere trattamenti efficaci, quando necessari. Le principali ragioni sono da ricondurre a mancanza di risorse e a una diagnosi imprecisa. Esistono diversi strumenti di screening e monitoraggio della depressione; è fondamentale che siano affidabili, accessibili, semplici da usare.
Attualmente, gli psicologi si basano principalmente su questionari di autovalutazione della tipologia Patient Health Questionnaire (come il PHQ-8 e il PHQ-9) per diagnosticare una condizione depressiva. Tuttavia, questo approccio è a volte soggetto ad errori, poiché spesso dipende dalla capacità di ricordare correttamente da parte dell’individuo e può essere influenzato da una rappresentazione di sé distorta, dovuta principalmente allo stigma sociale ancora persistente nei confronti dei disturbi mentali. Un aiuto può arrivare dagli smartphone, dotati di una grande varietà di sensori sofisticati e capaci di catturare informazioni contestuali fisiche, come la posizione, il movimento, l’ambiente sonoro circostante, la prossimità ad altri oggetti e molto altro ancora. I dati di mobile sensing possono quindi essere utilizzati per desumere modelli comportamentali degli utenti e prevederne l'umore, il benessere e la condizione di salute mentale, ad esempio in termini di presenza di stati depressivi.
Questo è l’ambito di ricerca all'interno del quale si colloca il paper “Trajectories of depression: unobtrusive monitoring of depressive states by means of smartphone mobility traces analysis", pubblicato dal professore Mirco Musolesi del Dipartimento di Informatica – Scienza e Ingegneria, vincitore dell’ACM UbiComp 2025 10-Year Impact Award.
Esiste una correlazione tra i pattern di mobilità estratti dal sistema GPS degli smartphone e la possibile diagnosi di stati depressivi?
Sì, secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders alcuni degli elementi principali di diagnosi del disturbo depressivo sono l’agitazione o, alternativamente, il rallentamento psicomotori. Nel paper sono stati caratterizzati quantitativamente i movimenti dell’utente in un determinato intervallo di tempo, mettendo poi in relazione tali movimenti con un indicatore numerico dello stato depressivo. Sono state estratte tracce di mobilità e calcolate metriche di mobilità, in modo da riassumere le caratteristiche di schemi di movimento nel tempo. Infine, sono state utilizzati gli item del test PHQ-8, analizzando come la risposta variasse proprio in relazione alle metriche e dimostrando come esistesse un legame tra movimento e stato depressivo.
Più in dettaglio, è stata sviluppata una app per inferire automaticamente un potenziale stato depressivo nel corso del tempo. Alla base vi sono algoritmi di addestramento (machine learning) in vista di una classificazione personalizzata.
Sì, la app raccoglie le posizioni degli utenti e le 8 risposte date ad altrettante domande poste quotidianamente, nell'ambito del questionario PHQ-8, che gli stessi utenti sono invitati a compilare con riferimento alla possibile presenza di sintomi depressivi nel corso della giornata. Le risposte sono state utilizzate per ottenere un punteggio sintetico giornaliero PHQ. Dopo un periodo di addestramento, i modelli riescono a rilevare le variazioni del punteggio utilizzando solo le metriche di mobilità, il che permette di monitorare quindi lo stato depressivo delle persone senza richiedere un'interazione diretta con il dispositivo. Ciò risulta particolarmente utile per pazienti affetti da gravi forme di depressione, che si rifiutano (oppure talvolta non in grado) di riferire attivamente sul proprio stato rispondendo alle domande del questionario PHQ-8.
La soluzione individuata può essere utilizzata anche per monitorare il punteggio PHQ di utenti che non soffrono di depressione (quindi con PHQ basso) e per identificare eventualmente l'insorgere di una forma precoce di depressione.
Sì è così, grazie agli algoritmi inferenziali sono possibili un monitoraggio e una previsione non invasiva dei disturbi dell’umore.
La rilevazione automatica dello stato depressivo potrebbe essere molto utile per interventi di supporto, ad esempio nell'ambito dei sistemi educativi e sanitari.
Sì, anche se vanno affrontate alcune criticità. L'uso dei sensori mobili pone infatti importanti questioni di privacy, legate alla natura sensibile dei dati raccolti, che richiedono il rispetto di norme. Inoltre, in particolare in Europa, permane la percezione che siano prevalenti i potenziali danni/rischi rispetto ai benefici che ne potrebbero derivare.
Il conferimento al paper dell’ACM UbiComp 2025 10-Year Impact Award è diretta conseguenza dell'aver generato, nel corso dei dieci anni successivi alla sua pubblicazione, il miglior impatto in termini di citazioni e di ulteriori ricerche da esso derivate/generate.
L'informatico statunitense Mark Weiser, unanimemente considerato il fondatore del cosiddetto ubiquitous computing, sosteneva che la tecnologia è tanto più potente quanto più diviene pervasiva, diffusa, al punto da non consentire agli utenti di accorgersi della sua esistenza: dunque sembra scomparire, si ritira sullo sfondo e perciò appunto può essere considerata come ubiqua. Secondo questa prospettiva, la possibilità di elaborare informazioni diventa onnipresente, in quanto si diffonde capillarmente celandosi nell’ambiente quotidiano degli individui.
Il paper premiato rientra nella più generale categoria delle pubblicazioni open access, che permettono a chiunque sia interessato di accedere liberamente e senza restrizioni ai loro risultati. In questo modo, in ultima istanza, si favoriscono circolazione e condivisione del sapere scientifico, e il suo progresso.
Sì, il paper in questione ha aperto nuove prospettive di ricerca, propiziando la pubblicazione di numerosi articoli successivi sullo stesso argomento. Gli algoritmi proposti originariamente sono stati riutilizzati da altri ricercatori anche in ambito clinico che hanno creato loro app o hanno validato i nostri risultati, a partire dalle medesime metriche.
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