Un nuovo dispositivo per la generazione automatizzata di dati visuali idonei all’addestramento di sistemi di visione artificiale per il riconoscimento di set di immagini

Un nuovo dispositivo per la generazione automatizzata di dati visuali idonei all’addestramento di sistemi di visione artificiale per il riconoscimento di set di immagini

Il DISI intervista uno degli inventori, il Prof. Luigi Di Stefano.

Pubblicato: 01 luglio 2025 | Innovazione e ricerca

Una serie di interviste dedicate all’innovazione tecnologica e al pensiero progettuale: esploriamo le storie dietro invenzioni e soluzioni che rispondono a sfide reali. Un’occasione per approfondire processi creativi, approcci metodologici e impatti concreti sul mercato e sulla società.

Autrice di questa intervista è Francesca Montuschi, del Settore della comunicazione e informazione del dipartimento.

Pick and place o bin picking sono alcune operazioni oggi automatizzabili. Sono rese possibili da robot guidati da sistemi di visione artificiale che prelevano e posizionano con precisione componenti e manufatti su un nastro trasportatore senza dover fermare la produzione.

Affinché un sistema di visione artificiale (computer vision) basato su reti neurali sia in grado di riconoscere e localizzare nello spazio un determinato insieme di oggetti è necessario un processo di addestramento mediante cui la rete va ad acquisire conoscenza su forma e posizione degli oggetti di interesse, a partire da immagini opportunamente etichettate. Il brevetto, depositato dal gruppo di ricerca composto da Luigi Di Stefano e  Daniele De Gregorio, del Dipartimento di Informatica - Scienza e Ingegneria (DISI), fa riferimento ad un dispositivo e una metodologia per la generazione automatizzata delle immagini etichettate necessarie per l’addestramento di reti neurali dedicate al riconoscimento e la localizzazione di oggetti (object detection), eliminando, così, la necessità  di eseguire manualmente l’operazione di etichettatura (labeling) delle immagini.

La vostra invenzione automatizza l’addestramento nella computer vision.

Per poter addestrare un sistema di intelligenza artificiale, quale è un sistema di computer vision, secondo l'approccio standard, è necessario annotare manualmente le immagini, cioè analizzare attentamente ogni immagine usata per l’addestramento e delineare manualmente dove si trovano tutti gli oggetti di interesse (ad esempio, disegnando un rettangolo attorno a ciascuno di essi). Si tratta di un processo, oltre che lento, anche passibile di errori. L'oggetto del brevetto è, invece, realizzare un'annotazione automatica delle immagini, per essere quindi in grado di generare automaticamente immagini idonee all’addestramento di un'intelligenza artificiale che riconosce e localizzagli oggetti dell'immagine.

La richiesta di innovazione da parte delle aziende (demand pull) è solitamente di tipo incrementale. Lo sviluppo di spin off universitari può rinforzare l'affermarsi della innovazione technology push, quella forse più vicina alla frontiera della ricerca scientifica. A partire dal brevetto, avete costituito la società spin off Eyecan, a cui UNIBO ha affidato la licenza.

Anche se è davvero molto difficile inquadrare la ricerca e l'innovazione in schemi e processi precisi, visto che l'innovazione deve produrre dei risultati tangibili, che abbiano un impatto sul mercato, è più probabile che ciò avvenga in progetti di ricerca che sono stimolati dalle aziende e poi portati a termine in collaborazione con i ricercatori universitari (demand pull). Nondimeno, il technology push può generare innovazione più dirompente, anche rivelando bisogni ancora latenti. Il nostro brevetto e la costituzione di Eyecn sono un un po’ l’incontro di technology push e demand pull: siamo partiti da una ricerca libera, senza nessuna commessa, che ha portato alla realizzazione di un prototipo di laboratorio e alla stesura di una domanda di brevetto. Poi, siamo stati contattati da una azienda che aveva una esigenza che ritenevamo potesse essere soddisfatta molto bene dalla tecnologia oggetto del nostro lavoro. A quel punto abbiamo meglio compreso le opportunità del mercato e costituito la società spin off.

Lei è inventore di più brevetti e al tempo stesso ha un H-index elevato. Brevetti e pubblicazioni possono essere compatibili?

Assolutamente sì. Come ricercatore privilegio sempre le pubblicazioni. In alcuni casi in cui ho pensato che potessero esserci i presupposti per un brevetto, ho programmato il timing in modo che la domanda di brevetto fosse antecedente alla pubblicazione. In particolare, il contenuto di un paper in fase di referaggio, cioè under submission, è ancora confidenziale e quindi la domanda di brevetto può essere depositata anche durante il processo di revisione. La pubblicazione di un articolo scientifico prima del deposito della domanda di brevetto, invece, compromette i requisiti di novità e segretezza necessari per la brevettabilità. Il tema è importante, perché la valorizzazione della ricerca, mediante i tipici strumenti del trasferimento tecnologico, è un ambito grazie al quale le Università si relazionano con il tessuto economico che le circonda.

La visibilità internazionale del ricercatore e la qualità della ricerca applicata influiscono anche sulla valorizzazione della proprietà intellettuale (PI), in particolare dei brevetti.

Penso di sì, nel senso che mi ritengo in primo luogo un ricercatore in computer vision e quindi la mia attività principale consiste nel cercare di pubblicare nelle sedi internazionali più prestigiose di tale settore scientifico, che negli ultimi anni ha visto un’accelerazione fortissima in termini di ambito, portata e impatto. I docenti universitari più produttivi hanno maggiore visibilità ed è, quindi, più probabile che vengano contattati da imprese per progetti di ricerca e non solo. Nel mio percorso di ricerca, ho sempre cercato di coniugare l'attività scientifica in ambito accademico con il trasferimento tecnologico e lo sviluppo di rapporti collaborativi con le imprese, al fine di favorire l'innovazione e l'applicazione pratica delle conoscenze.