Quodcumque facis, fac cum cura: Intelligenza Artificiale generativa e sostenibilità
Leggi intervista alla Prof.ssa Silvia Mirri: l’IA può contribuire a migliorare le problematiche di sostenibilità, ma anche può generarne di nuove o acuire quelle esistenti
Pubblicato: 27 ottobre 2025 | Innovazione e ricerca
Una serie di interviste "Dialoghi sul Futuro Digitale" dedicate ad offrire spunti di riflessione e approfondimenti, a partire da convegni, seminari, progetti in ambito Terza Missione. Uno spazio per interagire e dialogare con docenti del Dipartimento, al fine di tratteggiare e comprendere alcuni percorsi futuribili o già presenti.
L'autrice di questa intervista è Francesca Montuschi, del Settore della comunicazione e informazione del dipartimento.
Le nuove tecnologie non possono essere considerate intrinsecamente positive o negative, ma è l’uso che ne viene fatto a determinarne l'impatto, e questo vale anche, e soprattutto, per i sistemi di intelligenza artificiale. Appare di fondamentale importanza garantire lo sviluppo di un’IA sostenibile (Sustainable AI), intesa sia come IA impiegata in modo responsabile (Sustainability of AI), che come IA in grado di perseguire obiettivi di sostenibilità (AI for Sustainability), potendo essere essa stessa strumento di sostenibilità o per il perseguimento della sostenibilità. Si parte evidentemente dall’assunto che per sostenibilità si intende tutela ambientale, ma anche sociale ed economica, in linea con l’agenda Onu 2030 e i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (c.d. Sustainable Development Goals – SDGs).
Affrontare il tema dell’IA, con questa prospettiva, richiede un approccio strategico, integrato, transdisciplinare e di conseguenza un’assunzione di responsabilità multilivello, ovvero sociale, collettiva e anche individuale. Questo è il senso dell’intervento della professoressa Silvia Mirri in occasione dell’incontro Intelligenza Artificiale generativa e sostenibilità , svoltosi a Cesena il 26 ottobre nell'ambito del Festival Agorà, ai cui hanno partecipato come relatori i professori Matteo Ferrara – anche esso del Dipartimento di Informatica e Scienza e Ingegneria -, Alberto Bellini, Marco Chiani, del Dipartimento di Ingegneria Industriale. La professoressa Mirri ha ribadito, da un lato, l’importanza dell’IA come driver fondamentale per l’innovazione e, dall’altro che, quando la tecnologia viene analizzata con riferimento agli obiettivi dello sviluppo sostenibile, emergono contraddizioni profonde. L’IA può infatti contribuire a risolvere/migliorare problematiche sociali, ambientali ed economiche, ma può anche generarne di nuove o acuire quelle già esistenti.
Le proiezioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) indicano che, entro il 2030, il consumo energetico dei data center più che raddoppierà, raggiungendo circa 945 terawattora (TWh). Il punto cruciale non è solo la domanda energetica crescente, ma comprendere come il sistema risponderà a questa domanda.
La sfida sarà rendere in futuro la Rete lentamente più pulita. L’aumento della domanda di energia può assurgere, infatti, al ruolo di catalizzatore per puntare maggiormente sulle energie rinnovabili e su altre fonti a basse emissioni; un’altra via è rendere l’IA più efficiente. I modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), come Chatgpt, hanno un impatto sull'ambiente. Oltre a consumare molta energia per l’addestramento e la gestione dei dati, le chatbot AI finiscono anche con l'avere bisogno di grandi quantità di acqua per il raffreddamento dei data center. Poco tempo fa una ricerca, infatti, ha rivelato che l'addestramento di Gpt-3 ha portato al consumo di ben 700.000 litri di acqua. E ancora più di recente uno studio ha dimostrato che una conversazione tra un utente e una chatbot, caratterizzata da 20-30 scambi, equivale all'incirca al consumo di mezzo litro di acqua.
A tutti i livelli è necessario evitare un consumo sterile, e quindi agire con consapevolezza e responsabilità.
Esatto. Una query di chatgpt consuma l'energia equivalente a quella di una lampadina a led da 10 W per un minuto. Se usata con serietà e con finalità di miglioramento individuali, sociali o collettive, quell’energia diventa un investimento positivo.
Al tempo stesso l'AI è uno strumento strategico per ridurre l’impatto ambientale e può generare benefici concreti.
Grazie all’AI generativa è migliorata, per esempio, l’elaborazione di modelli relativi allo stato dell’ambiente (acqua, aria, biodiversità del suolo) e alla valutazione dell’impatto dell’economia sulle risorse naturali; inoltre è possibile rendere le previsioni meteo più accurate, così come quelle di eventi naturali eccezionali o di catastrofi.
Per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile, nel suo significato più pieno, l’IA può rappresentare un acceleratore.
Sì. Relativamente al secondo obiettivo dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, ossia sconfiggere la fame, l’IA è utilizzata ad esempio per contribuire alla diffusione di nuove colture, selezionando meglio le regioni di coltivazione. Alcuni degli ambiti in cui i progressi legati all’AI appaiono più evidenti sono quelli della medicina e dell’educazione, resa più inclusiva e accessibile. E poi, in merito all’obiettivo 9 dell'Agenda 2030, l’IA può essere utilizzata per ottimizzare le infrastrutture.
Sono tante le potenzialità connesse all’AI e al perseguimento dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile, ma si ravvede anche qualche rischio, a livello sociale e non solo.
Sì, a questo proposito possiamo pensare ai cosiddetti bias algoritmici. I sistemi di AI possono riprodurre, estendere o addirittura amplificare i pregiudizi esistenti presenti nelle informazioni e nei dati su cui vengono addestrati, portando a risultati potenzialmente discriminatori in settori cruciali come il mercato del lavoro, l’accesso al credito e il sistema giudiziario. Si pensi al caso sollevato tempo fa in merito a un sistema automatizzato per la gestione di domande di sussidio che discriminava sistematicamente le donne. Oppure al caso in cui è stato utilizzato un algoritmo di investigazione predittiva, addestrato in maniera da riconoscere preventivamente potenziali criminali, che finiva per discriminare persone a basso reddito e background migratorio. E ancora: l’adozione dell’AI può accentuare le disuguaglianze esistenti, concentrando i benefici in determinate aree geografiche o tra specifici gruppi sociali. Le economie sviluppate potrebbero trarre un vantaggio sproporzionato, con il risultato di vedere ulteriormente ampliato il divario tra paesi ricchi e poveri.
La tecnologia può creare e distruggere valore sostenibile, anche in modo simultaneo.
Le opportunità e i rischi dell’AI sostenibile sono innumerevoli, e tale contesto evidenzia la necessità di una governance responsabile e di un approccio etico per massimizzarne i benefici e mitigarne le potenziali conseguenze negative.
In chiusura, sorprende e suscita un sorriso compiaciuto l’esito di un recente studio: la gentilezza è un fattore che può rendere la Generative AI più sostenibile.
Sì, è vero. Una ricerca ha evidenziato che essere educati nel porre domande a Chatgpt, ma senza esagerare, può servire a migliorarne la qualità delle risposte. Sembra infatti che usando un linguaggio troppo aggressivo o troppo ossequioso le risposte siano imprecise. Con la conseguenza di rendere necessario un supplemento di richiesta, e quindi un maggior dispendio energetico. Con la giusta dose di gentilezza - e questo ci può far sorridere - nella vita si aprono porte, e anche le chatbots sono più performanti.
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